Середа, 27 листопада 2024

Mondo Greco-Cattolico in Ucraina, in diaspora, a Roma: quando le donne costruiscono ponti

19 12 2016 bl“Roma: la Chiesa nella Città”, la trasmissione della Radio in collaborazione con l’Ufficio Comunicazioni Sociali del Vicariato di Roma, nella puntata di mercoledì 4 gennaio si occupa della Chiesa Greco-Cattolica in Ucraina, nella diaspora, a Roma. In un’ ampia intervista, realizzata da Fabrizio Mastrofini – ideatore e curatore delle trasmissioni – Sua BeatitudineSviatoslav Shevchuk, Arcivescovo Maggiore di Lviv, illustra le caratteristiche e la storia recente della Chiesa Greco-Cattolica nei diversi contesti in cui opera.

La trasmissione ha una sua pagina Facebook:Roma: la Chiesa nella Città.

Nella prima parte Sua Beatitudine presenta se stesso, la Chiesa Greco-Cattolica a Roma – l’intervista si svolge infatti in via Boccea dove c’è la sede principale della Chiesa, voluta fortemente dal cardinale Slipyi – e le caratteristiche della Chiesa in diaspora. Mons. Shevchuk prima di diventare Arcivescovo Maggiore è stato vescovo per gli Ucraini in Argentina ed ha vissuto in una Chiesa cattolica di rito orientale nel contesto di una Chiesa latina e dunque è particolarmente qualificato per cogliere gli elementi di continuità e di differenza che arricchiscono. Nella seconda parte Sua Beatitudine parla delle attività della Chiesa in Ucraina, nell'ambito di un paese in conflitto. La Chiesa in patria punta sulle parrocchie e sulla diaconia della carità.

Nella terza parte Sua Beatitudine racconta la vita della Chiesa Greco-Cattolica a Roma: apre una importante finestra sul momento in cui la parrocchia ucraina di San Sergio e Bacco, a Monti, è andata col parroco a messa dal Papa a Santa Marta e riferisce alcune espressioni del Papa, quando ha riconosciuto l’importanza del lavoro evangelizzatore e di testimonianze svolto dalle donne ucraine che lavorano nelle famiglie romane. Le donne, lontane dalle loro famiglie, emigrate per motivi economici – ci ha detto Sua Beatitudine – sono straordinarie costruttrici di ponti, straordinarie artefici di evangelizzazione.

Di seguito una parte dell’intervista, quando Sua Beatitudine si riferisce al conflitto in corso nel paese e risponde alla domanda su come salvaguardare l'identità culturale e religiosa quando si vive in guerra.

R. – Ovviamente ci sono tanti elementi importanti dell’identità e tanti modi di conservarla: la vita liturgica, la vita comunitaria, la strategia comune dello sviluppo della nostra Chiesa, che si chiama la “parrocchia vivente” come il luogo dell’incontro con il Cristo vivente. Ma devo dire che quando è cominciata la guerra in Ucraina tutta la diaspora si è risvegliata: anche quelle persone che per vari motivi si erano allontanate sia dalle comunità culturali che dalla Chiesa. Ritornano perché sentono che devono fare qualcosa per coloro che soffrono in Ucraina; spesso la gente, sia in Ucraina che nel resto del mondo, vede che i politici, i diplomatici, che non riescono a fermare la guerra. E perciò le risposte alle domande difficili, la nostra gente, sia in Ucraina sia in diaspora, le trova nel Vangelo, nella fede cristiana; e questa guerra in Ucraina ha provocato un risveglio della vita cristiana autentica. La Chiesa si è risvegliata. Abbiamo perciò individuato le dimensioni importanti della “parrocchia vivente”, che è una comunità che vive la liturgia, una comunità che annuncia il Vangelo e insegna la Catechesi. Ma soprattutto è una comunità che fa il servizio sociale: perché se una parrocchia si chiude in sé stessa muore.

D. – Come convive questo senso di fede, speranza e carità con il fatto che non si riescono molto a scalfire gli interessi economici che sottostanno e presiedono a tanti conflitti nel mondo?

R. – Gli aggressori moderni, che vogliono modellare il mondo secondo il loro piano strategico o geopolitico, vogliono incidere su tutti noi – non soltanto su noi ucraini ma anche sugli europei – due sentimenti molto pericolosi: paura e odio. Forse la paura di perdere la sicurezza economica, a causa delle migrazioni; paura di perdere il potere, a causa delle nuove elezioni; paura di questo, paura di quest’altro… Ma la risposta cristiana è: “Non abbiate paura!”, perché non sono le leggi cieche dell’economia che dirigono la nostra vita, ma le persone libere e responsabili. Noi siamo i costruttori sia della nostra vita e che di quella dei nostri Paesi. Non dobbiamo avere paura di mostrarci cittadini liberi e responsabili. Il secondo sentimento è l’odio: veramente l’egoismo, sia privato che comunitario, adesso fa chiudere le nazioni europee. È l’odio verso l’altro: lo sconosciuto, lo straniero, e così via… È un sentimento molto pericoloso perché può essere, e di fatto lo è, la causa dei conflitti e delle guerre. Forse un messaggio che può venire dall’Ucraina è questo: non possiamo cedere all’odio! Non odiate quelli che forse si presentano come vostri nemici. Sappiamo che solo l’amore è capace di generare gli eroi. Se noi cederemo alla tentazione dell’odio globale, questo distruggerà sia la collaborazione tra gli Stati europei che la sicurezza mondiale, il sistema della sicurezza.

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