Неділя, 24 листопада 2024

Assemblea generale del clero della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina in Italia

Giovedì 10 Ottobre, nella cappella di “Villa Letizia - Casa Per Ferie” a Roma è stata celebrata la Divina Liturgia presieduta da S.E. Rev.ma Cyril Vasiľ, SJ, Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, che ha congratulato il Vescovo Dionisio Lachovicz, Delegato ad omnia sede vacante dell’Esarcato Apostolico, e tutti sacerdoti ucraini per lo straordinario avvenimento per la Chiesa greco-cattolica ucraina presente in Italia: la firma da parte del Santo Padre della Bolla, documento che sancisce l’erezione dell’Esarcato sul territorio italiano.

Omelia

di S.E. Rev.ma Cyril Vasiľ, SJ

Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali

Stavo pensando proprio ieri, durante una conferenza-simposio con i nostri siro-malabaresi che festeggiano i 25 anni della loro comunità in Italia e hanno a Roma i loro vescovi “Ad limina”, sul senso della diaspora. Intendo dire sul senso teologico, giuridico, pastorale.

Dopo la conferenza del mattino, siamo tornati in Congregazione perché il Prefetto della Congregazione ha firmato la bella Bolla della erezione dell’Esarcato Apostolico per gli Ucraini in Italia.

Stavo pensando che talvolta la storia ci passa davanti agli occhi e non siamo sempre in grado di vederla veramente nel suo contesto. Perché ci vuole un po’ di distanza per poter capire meglio le cose.

Ieri, alla conferenza, stavo parlando del canone 9 del Concilio Lateranense V, del 1215, che dice chiaramente che non vi può essere una città con due vescovi, perché sarebbe un mostro, come un animale con due teste. E stavo pensando che proprio ieri si metteva la firma sulla Bolla di erezione dell’Esarcato Apostolico, con sede presso la Chiesa dei Santi Sergio e Bacco a Roma.

Io credo che nei prossimi anni ci saranno tesine o tesi da scrivere anche sul significato non solo pastorale, pratico, ecclesiologico, ma anche teologico di questo evento. Forse nessuno negli anni precedenti pensava veramente all’erezione di questo Esarcato. Qualcuno si è chiesto allora che vuol dire Esarcato con un vescovo a Roma? Adesso sono due i vescovi di Roma? Sì! C’è un vescovo di Roma per i latini e c’è un vescovo per gli ucraini in Italia che ha la sede a Roma. È un concetto teologico che sicuramente non è ancora compreso del tutto, grazie Dio, perché altrimenti chi sa se saremmo arrivati a questo punto, in una considerazione un po’ più profonda. Con l’Esarcato Apostolico, il Santo Padre, in quanto Capo della Chiesa Universale e in quanto vescovo di Roma, vuole cedere una parte della Sua potestà all’Esarca, perché fino a questo momento i fedeli ucraini erano affidati a lui. Ci saranno tante considerazioni su questo fatto visto che è un precedente storico.

Allora mi sembra che si sta concludendo un arco temporale e anche di idee da quel Concilio Lateranense V di Innocenzo III fino ai giorni d’oggi che stiamo vivendo qui proprio in questo momento. Però a parte queste considerazioni storiche e teologiche che meriteranno una ulteriore riflessione e approfondimento, siamo qui con voi per incontrare il presbiterio di questo nuovo Esarcato.

È più facile fare un documento firmato a mo’ di Bolla, creare una Istituzione; ma costituire un presbiterio non è sufficiente soltanto un certo numero di sacerdoti. Ci vuole un’identità del presbiterio, ci vuole uno spirito che accomuna, ci vuole ammissione comune ma anche condivisa tra tutti voi. E voi in qualche modo avete già e avrete in futuro una triplice appartenenza: appartenenza all’Esarcato Apostolico e allo stesso tempo appartenenza a quella realtà ecclesiale sparsa in Italia di cui farete parte, nei territori dove comunque esistono le altre Chiese, la Chiesa Latina Italiana maggioritaria, e dovete essere inseriti anche in quel contesto senza isolarvi. E la terza appartenenza è quella che vi accomuna alle vostre Eparchie di origine e alla Chiesa Ucraina nel suo insieme. Non è facile. Perché ovviamente ognuno di voi porta con sé tutta la sua storia personale, la storia della sua provenienza, la storia delle esperienze fino ad ora vissute. Tutto questo va trasformato, va amalgamato, va reinserito nella ricerca e nel cammino di creare questo nuovo presbiterio.

Quando si parla di Esarcato, sicuramente ci saranno una quantità di cose amministrative adesso pian piano da sistemare che riguardano in primo luogo voi sacerdoti: l’appartenenza alle istituzioni, l’incardinazione, il permesso di soggiorno ecc. Conoscete voi meglio di tutti le situazioni e immagino che sono anche oggetto delle vostre discussioni in queste riunioni. Però senza paura e senza fretta le cose amministrative e pratiche sono gli ostacoli da superare uno dopo l’altro, però non è questo il problema principale. Il problema principale è di creare veramente questa unione delle anime, unione delle forze, unione degli obiettivi.

E quali soni gli obiettivi per questo Esarcato? C’era un vescovo russo in Canada per gli slovacchi che infatti una volta ha detto una cosa molto interessante ai suoi immigrati: dobbiamo smettere di tenere la valigia sotto il letto pronta per ritornare. Erano gli anni del comunismo con l’emigrazione dopo la guerra o dopo il 1978, emigrazione piuttosto politica di chi si aspettava in qualche modo di poter tornare in Patria. Oggi non siamo più in questa situazione.

Oggi però per creare una realtà ecclesiale di una Chiesa di una nazione occorre uscire pian piano dalla mentalità dell’uomo con la valigia che va su e giù senza abituarsi a lasciare la valigia e cominciare a sentirsi a casa anche in Italia. E questo è il lavoro che tocca a voi nelle vostre comunità. Non è facile. Non si può artificialmente affrettare questo. Ha bisogno di tempo, ha bisogno del suo sviluppo. Ma perché si possa dire che una Chiesa, un Esarcato, una realtà ecclesiale è veramente inserita nel contesto territoriale, nel contesto locale, ci vuole almeno una sostanziale parte della comunità che si senta in questo paese a casa. Non più ospiti, non più solo migranti, non solo più le badanti, sfruttate e utilizzate sia in Patria che qui, ma che cominciano a nascere le comunità che avranno questa doppia appartenenza che si sentiranno ucraini e italiani allo stesso tempo che si sentiranno a casa anche quando torneranno in Ucraina per visite, ma avranno qui già il loro luogo per vivere. Perché così nasce una comunità stabile che siamo chiamati a servire.

Ecco vedete sono tanti gli argomenti che si devono tenere presenti, si devono sviluppare pian piano verso la vostra gente. E poi c’è un'altra dimensione nell’esistenza dell’Esarcato e del nostro servizio che forse non sempre ci rendiamo conto, perché siamo presi dagli affari quotidiani: il nostro servizio alla Chiesa Universale e alla Chiesa Latina in Italia in modo concreto.

Esistenza dell’Esarcato, vostra presenza, vostro modo di essere e di lavorare, in fondo sono strumenti per far conoscere la varietà della Chiesa anche alla Chiesa Italiana, la varietà che si esprime attraverso la diversità dei riti, delle discipline ecclesiastiche, attraverso la varietà etnica e culturale ma che apre gli orizzonti della Chiesa Italiana Latina alla realtà molto più ricca della Chiesa Universale. In fondo stiamo facendo con la vostra presenza un servizio e un allargamento degli orizzonti anche alla Chiesa locale. È un fattore inevitabile specialmente in questi tempi così delicati con le lotte politiche tra chi vuole sfruttare in una o in altra direzione con la perdita dell’identità tradizionale dei popoli occidentali europei che però hanno paura anche di fronte alle nuove immigrazioni specialmente non cristiane, perché si sentono stranieri a casa propria.

La nostra presenza con l’arricchimento del tessuto ecclesiale italiano, è una missione di cui voi fate parte. I vostri contatti quotidiani saranno più frequenti con i confratelli latini italiani; per loro siete un esempio, una curiosità qualche volta, specialmente quando vi vedranno con figli e moglie; comunque è un punto di domanda e un punto di crescita anche per loro. Io sono molto contento quando parlando con i vescovi italiani e con i sacerdoti italiani sento dire bene degli ucraini, quasi con ammirazione per lo zelo pastorale, per la semplicità, per la prontezza con cui servono il loro popolo.

Questo è un incoraggiamento, uno sprone per non creare un’immagine non corrispondente di quello che davvero è il nostro sforzo pastorale, il nostro amore per la nostra missione. Io ho toccato solo alcuni punti che veramente meritano e che saranno approfonditi da voi in queste o in altre riunioni.

Voglio solo esprimere veramente la mia gioia e in fondo ringraziare il Signore perché posso essere testimone e in qualche modo compartecipe degli eventi che per la loro importanza storica superano quello che riusciamo a capire in questo momento. Ma sono sicuro che una volta guardati a distanza di tempo si capirà meglio l’importanza degli eventi che stanno succedendo attraverso voi.

Che il Signore che è il Signore della storia possa aiutarci ad adempiere bene il nostro lavoro che può essere storico anche quando non ci rendiamo conto. Il Signore ci accompagni in questo sforzo.

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